Questo è uno dei molti ricordi che mi accompagnano da tanti anni, sicuramente uno dei migliori.
Ero piccolo e mio padre aveva affittato un ristorante: ai miei occhi di bambino ero tutto estremamente grande, con tante, troppe cose da gestire; ma doveva essere veramente parecchio grande perché assumeva circa 30 persone tra camerieri, baristi, sguatteri, bagnini, ecc.
Il posto era conosciuto, ma si potrebbe dire anche allo stesso tempo isolato: non c'era telefono, non c'era televisione, non c'era gas, non c'era elettricità (solo quella fornita dal generatore locale, il "motore", che tutte le mattine alle 7 mio padre accendeva e a sera alle 11-mezzanotte spegneva, restando per tutta la notte con una fattispecie di batterie che davano una luce così debole che non attirava nemmeno le farfalle notturne e le zanzare). Un posto così si ritrova ormai solo in una landa sperduta del pianeta e nessuno vorrebbe starci.
Il treno, quello sì, quello c'era: la linea nazionale stava là vicino e la notte dalla camera da letto quando passava era uno spettacolo, e la sensazione che c'era dell'altro là fuori.
E le notti .... quante stelle in cielo!!!!
Ovunque si girasse si girasse la testa erano mucchi di stelle, forse anche troppe stelle!!!!
E con una luna enorme che bastava allungare la mano per prenderla.
Anche i discorsi di quel tempo erano diversi da quelli di ora: si arrivava subito al sodo senza tanti giri di parole, e poi si rideva tanto.
Ma in quei giorni io sentivo parlare solo di una cosa: era il solo argomento, anzi era l'ARGOMENTO su cui chiunque aveva qualcosa da dire con soddisfazione ed ammirazione, e con tanta speranza.
E nella mia mente di bambino l'ARGOMENTO era il solo degno di attenzione (a parte giocare e far danni).
In quei giorni mi trovano in questo posto ma da una parte ero triste perché non potevo seguire in televisione quello che stava succedendo ma di cui conoscevo tutto; e quella notte più o meno all'ora che era stata detta, mi ricordo della bella luna in cielo dove un piccolo eroe stava per fare qualcosa, mentre uno dei tanti treni passava di corsa; ma dall'altra ero contento perché sapevo che il giorno dopo sarei tornato a casa dove c'era la televisione.
Non vedevo l'ora di arrivare, ed i treni erano ancora puntuali!
E finalmente il giorno dopo, a casa con mia madre, e davano in TV la registrazione di quello che era accaduto il giorno prima, quello che il piccolo eroe aveva fatto per conto di tutti noi, grandi e piccoli, ed anche per chi ancora doveva nascere.
La settimana passata il piccolo grande eroe della mia fanciullezza è morto, così, senza grandi clamori da stadio: una cosa detta e rilanciata dalla ormai onnipresente TV digitale, da squallidi mentecatti che si autodefiniscono giornalisti ma che chiamare strilloni sarebbe già un grosso complimento, detto tanto per riempire il tempo del notiziario, e che preferiscono perdere tempo a mettere in fila notizie riguardanti il calcio o la sicura certezza della bastonata dietro l'angolo, inventandosi le cose a loro convenienza (oppure sull'ordine dato dalle stanze in alto).
Il destino dei piccoli eroi è questo.
Ciao Neil, e da lassù dove sei stato prima di tutti noi, ogni tanto mandaci un saluto benevolo.